domenica 2 settembre 2012

La televisione didattica di Roberto Rossellini



di Caterina Pisu


Roberto Rossellini, il maestro del cinema neorealista, fu senza dubbio un anticipatore dei tempi in tema di divulgazione della storia. Secondo alcuni egli fu innanzitutto "un grande documentarista che a fatica si è inserito all'interno del cinema a soggetto portandosi ostinatamente dietro gli straordinari strumenti che aveva sviluppato per inseguire quella originaria vocazione" (v. "Carlo Lizzani. Cinema, storia e storia del cinema", a cura di G. De Santi, B. Valli, De Liguori Editore 2007, p. 21). Questa sua passione iniziale si concretizza nell'ultima parte della sua carriera, negli anni Sessanta e Settanta, quando scopre lo strumento televisivo come "risorsa tecnologica e linguistica nuova" (De Santi 2007, p. 22)
e inizia a lavorare per la televisione italiana e francese. Essendo uno sperimentatore, egli trova nel documentario una possibilità di espressione che lo attrae e che gli consente di divulgare temi culturali presso il pubblico di massa, dando vita a una sua idea, del tutto originale, di "televisione didattica". Rossellini voleva "che il cinema servisse come mezzo di conoscenza, che avesse un valore culturale, che fosse un’apertura della coscienza" e questo fu l'obiettivo di tutta la sua lunga carriera.
Scrive Edoardo Bruno nell'Enciclopedia del Cinema Treccani: "(...) Come egli stesso avrebbe insegnato agli allievi dell'Università di Houston in una serie di lezioni tenute in qualità di visiting professor, per mettere in crisi lo stesso sapere con un altro sapere, per trasformare "il divertimento in conoscenza", bisogna porsi il problema della popolarità, non come comodo alibi ma in quanto traguardo da conquistare. Di queste idee fu anzitutto testimonianza la serie dei documentari televisivi L'Età del Ferro (1964), realizzata in varie puntate dal figlio Renzo (nato dalla prima moglie, la costumista Marcella De Marchis) su soggetto, sceneggiatura e supervisione di R., contributo a questo suo modo di considerare la Storia come un continuo cammino dell'uomo, partendo da un nucleo unitario ‒ la Toscana, l'Etruria ‒ dall'Età del Ferro sino alla cronaca dei nostri giorni". (Enciclopedia del Cinema (2004), voce "Rossellini Roberto" di Edoardo Bruno). Anche nella sua produzione cinematografica più tarda il regista si mostrò spesso interessato ai temi storici. Ricordiamo: Il Messia (1975), Gli atti degli Apostoli (1968), Socrate (1970), Pascal (1971), Cartesius (1974), La prise de pouvoir par Louis XIV, Viva l'Italia!, Anno uno (1974).
Per tornare, però, alla sua produzione per la televisione, analizzando in particolare L'Età del Ferro, documentario trasmesso sul secondo canale dalla RAI nel 1965, e La lotta dell'uomo per la sua sopravvivenza, altro documentario TV in dodici episodi, del 1970, se in entrambi i casi Rossellini non compare come regista, il suo stile è comunque inconfondibile. In questi filmati lo si può vedere nel ruolo di narratore perché "l'iconografia della televisione culturale non lo spaventa" ("I film di Roberto Rossellini" di S. Masi, E. Lancia, Gremese Editore, 1987, p. 100) ma, anzi, è convinto dell'importanza del ruolo didattico che questa può svolgere a favore di tutta la società. Rossellini non fa un tentativo di selezione degli argomenti ma concentra tanti spunti di racconto e di riflessione in questi documentari, operando una sorta di collage che include brani di documentario e di recitazione ("I film di Roberto Rossellini" di S. Masi, E. Lancia, Gremese Editore, 1987, p . 100). Un progetto enciclopedico ambizioso che, forse per questa sua pretesa di completezza, non fu molto apprezzato dalla critica del tempo che gli rimproverò un eccesso di semplificazione. L'opera documentaristica di Rossellini resta comunque una tappa importante della sua carriera ed ha certamente influenzato la televisione culturale e scientifica divulgativa dei nostri giorni. 

l'utilizzo di questo contenuto è consentito unicamente citando la fonte)

 

Nessun commento:

Posta un commento